Realismo Segnico

La credenza nel realismo segnico ha dominato, per millenni, un modo di stare al mondo determinato da una totale e pervasiva presenza del Sacro; esso è dunque espressione di quelle culture che vivono regolandosi attraverso il mito ed il rito e si pone come un universo nel quale vigono principi e logiche "altre" da quelle originatesi dalla filosofia greca. Prima di verificarne i connotati sembra necessario riflettere proprio a partire dall'espressione "realismo segnico", che sembra coinvolgere due ambiti concettuali di grande complessità, che la fenomenologia radicale ha ripensato profondamente.

Il primo si centra sul concetto di "realismo". Occorre distinguere, per meglio comprenderne il senso, il concetto di reale che deriva dalla filosofia occidentale da quello che emerge dalle analisi fenomenologiche riformate. Naturalmente porterebbe troppo lontano, né sembra opportuno, tratteggiare una storia del concetto di realismo nel pensiero occidentale; qui, più semplicemente, si tratta di verificare criticamente il principio di tutti i principi della fenomenologia husserliana ed assumerlo in senso letterale. Grazie all'epoché radicale, che isola tutta la sfera del categoriale, compresa l'esperienza del soggetto, il "reale" non coincide più con l'oggettivo (ambito della scienza), né tantomeno con un presunto mondo "concreto" o "materiale" (ambito ingenuo del reale). Esso, invece, viene qui legato ad un nuovo concetto di "presenza", inteso come precipitato non obiettivante dei vissuti della coscienza impersonale. Il secondo riguarda il concetto di segno. La fenomenologia radicale, qui, assume proprio il segno in senso "reale". Questo significa sia annullare ogni indice di trascendenza, di "rimando a", di referente (sia esso allegorico, simbolico, metaforico), sia non confonderlo con il mondo dei dati oggettivi, cioè intenderlo come risultato di una deduzione.

Secondo il principio generale del realismo segnico, «i segni si identificano senza resti con gli enti (con loro proprietà e con loro relazioni), empirici o astratti che siano» [Conci 1992a: 85]. L'espressione "realismo segnico" sintetizza la salda convinzione - caratterizzante eminentemente tutti gli universi a fondamento rivelativo integrale - della identità generale di apparire e di essere, la credenza che ciò che si manifesta è tale e quale si manifesta. [Cfr. Conci 1985: 5-6; Conci 1989: 152; Conci 1991b: 19]. Alla luce di questa credenza il linguaggio e gli enti di riferimento (realismo nominale), la percezione e la cosa percepita (realismo empirico), il sogno e il contenuto del sogno (realismo onirico), il concetto e il contenuto del concetto (realismo concettuale) vengono senz'altro identificati, azzerando, per così dire, gli uni negli altri. Ed è davvero singolare l'aver ignorato il fatto che, senza questa cieca fiducia nella realtà concreta elargita da qualsivoglia configurazione segnica non sarebbe possibile e non sarebbe comprensibile - per ragioni d'essenza - rivelazione alcuna.

L'isolamento e la comprensione letterali del realismo segnico, sebbene accennati di sfuggita da altre metodiche analitiche, sono possibili solo impiegando nelle indagini semantiche un metodo fenomenologico che tematizzi i vissuti dei segni culturali. La fenomenologia radicale è appunto una semiotica particolare aperta dall'epoché radicale, in grado di ridurre tutti i segni di una particolare cultura ai loro vissuti costitutivi [Cfr. Conci 1992b: 54-56]. Il vissuto fenomenologico originario, inteso come unità intenzionale di noesis e di hyle, è sempre incarnato, è, cioè, sempre il vissuto di un corpo proprio e dei corpi altrui, animati o inanimati che siano, indistinguibili perché fusi insieme, fenomenologicamente ridotti alla hyle di una noesis, nella quale precipitano insieme tutti i data del corpo proprio, dell'ambiente, della società, etc. Il realismo particolarissimo, quindi, di un pensare, di un sentire e di un agire vissuti che, proprio perché vissuti, sono sempre "incarnati", sempre "iletizzati", sempre realistici costitutivamente e non referenzialmente, scaturisce proprio dall'indole morfologica del vissuto fenomenologico elementare. Ed è questa la ragione fondamentale della natura essenzialmente vissuta del pensiero e dell'agire mitico-rituali.

 



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