Coscienza

La fenomenologia husserliana inaugura l’indagine di tale area in opposizione al modo d’indagine condotto dalla psicologia empirista che, a parere di Husserl, avrebbe portato ad una «naturalizzazione» della coscienza stessa, incluse tutte le datità immanenti e intenzionali di essa. Più precisamente, l’approccio husserliano alle indagini sulla coscienza abbisogna della sospensione fenomenologica del mondano, ovvero della «messa in parentesi» dell’attingimento ingenuo e diretto di esso, che schiude la sfera immanente coscienziale. In tal modo, essa perde ogni pregiudiziale presa di posizione sul mondo, consapevole, per essenza, della realtà «naturale». Così, la «pura» coscienza, ovvero, la sfera coscienziale come campo della «pura» esperienza interna, quale «residuo fenomenologico», si rivela l’area esclusiva delle indagini fenomenologiche. Nelle Idee, Husserl dirà che, in un senso molto ampio, il termine «coscienza» abbraccia la corrente degli Erlebnisse intenzionali. Dall’attuazione dell’epoché trascendentale residuerà, dunque, la coscienza trascendentale, ovvero l’area della pura soggettività, liberata dall’io empirico, psicologico. Nelle Ricerche Logiche, in particolare, Husserl descriveva la coscienza come vissuto-atto, connotata dall’«intenzione», ovvero dalla caratteristica del «tendere-a».
Edith Stein, allieva di Husserl, nella sua Introduzione alla filosofia, oltre a distinguere fenomenologicamente l’ambito coscienziale da quello psichico, indicando nel primo un flusso continuo nel divenire del vivere intenzionale e nel secondo un ambito relativo alla realtà trascendente, descriveva la coscienza come «luce interiore che illumina il flusso del vivere e nel defluire stesso lo rischiara per l’io vivente senza che questo vi sia “diretto”». E, ancora, la fenomenologa sottolineava che la coscienza del vivere che fluisce si conserva ritenzionalmente e consente di cogliere nell’unità del vissuto le fasi costitutive di esso che nella riflessione e nella coincidenza col vissuto originario si fissa in modo oggettivo. Il flusso coscienziale originario implica la temporalità, nel senso che è scandito da essa: il «presente» è il nucleo della coscienza; in esso sono contenuti un passato ritenzionale e un futuro protenzionale. Nella visione fenomenologica classica il vissuto riflesso di secondo grado pur essendo diverso da quello originario ne conserverebbe la forma, fondandolo oggettivamente.

In generale, a prescindere dal ritenere che la coscienza possa dirsi atto percettivo universalmente valido (cfr. coscienza impersonale), per la fenomenologia, la coscienza esprime sempre un rapporto intenzionale prodotto dalla combinazione dell’elemento noetico con quello iletico, che precipita nel contenuto noematico e dal quale, come specificava Husserl, fin dalle sue Ricerche Logiche, è escluso ogni rapporto causale tra le parti costituenti la coscienza stessa.




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