Intenzionalità

Tale termine specifica propriamente l’Erlebnis fenomenologico. Husserl, sospendendo l’esistenza del mondo naturale trascendente, privilegia nelle sue analisi d’essenza l’area della pura immanenza. Husserl, infatti, descrive fenomenologicamente il rapporto percezione/percepito che, liberato, grazie all’epoché, dall’ipoteca mondana trascendente, giunge nell’area immanente del vissuto percettivo. Il fenomenologo tedesco, fin dalle Ricerche Logiche, spiegava come, a suo avviso, nel vissuto l’atto conoscitivo fosse fondato sull’atto percettivo.
La proprietà degli atti è rappresentata dall’«intenzione» che sta ad indicare propriamente il «tendere-a». Nell’ambito del «conoscere», Husserl distingue tra l’atto significante come intenzione che mira a qualcosa e l’intuizione ad essa corrispondente. La reciproca inerenza tra questi due atti viene espressa col termine «riempimento» [Erfüllung] che sta ad indicare l’essenza fenomenologica husserliana del riferimento conoscitivo. L’elemento che specifica l’essenza intenzionale dell’Erlebnis viene denominato «noesi» [Noese], dal greco nòesis, la cui radice è nous, donatrice originaria di «senso» [Sinn].
Per la fenomenologia, l’intenzionalità è data dal riferimento della coscienza al suo oggetto, a prescindere o meno dall’esistenza di esso nel mondo: infatti, il problema dell’esistenza è posto fuori gioco dalla fenomenologia in virtù dell’esercizio dell’epoché. Lavorando alla genesi della costituzione del vissuto, Husserl analizza, riguardo alla produzione delle datità pre-oggettuali, il ruolo dell’intenzionalità che non sarebbe ancora riferita ad un Io-polo, ma, piuttosto alla duplice valenza rivestita dall’«affezione» che, nella fase delle «sintesi passive», da un lato è intesa come vivacità mutevole del vissuto, dall’altra, come quell’essere avvertibile che tocca l’io, lo ridesta, sebbene non sia ancora una tendenza che afferra nel modo dell’attenzione. Tuttavia, Husserl non esclude il fatto che il ruolo dell’affezione rivesta una funzione necessaria per la formazione delle oggettualità.

L’applicazione di un’epoché radicale che metta in parentesi l’assolutezza dell’intera struttura di senso produttrice non solo dell’esperienza mondana, bensì pure quella del polo egologico — residuo, com’è noto, del vissuto-atto percettivo rintracciato dalle analisi husserliane — ha fatto emergere una tipologia nuova del vissuto fenomenologico, o meglio inconsueta nelle analisi di Husserl. Si tratta di un’intenzionalità non contrassegnata dall’Io, non autodiretta, né autoriflessiva, bensì contraddistinta specificamente dall’impersonalità, ovvero dal vissuto di totale dipendenza da un elemento non intenzionale, ma iletico che, rivelandosi, elargisce alla coscienza (Cfr. Coscienza impersonale) il senso del mondo e di se stessa.

 


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