Spazialità «obiettiva»

Come il tempo è il criterio d’ordine e di misura della successione del molteplice, così lo spazio è il criterio d’ordine e di misura del dinamismo del reale. Anche il vissuto dello spazio è un tema fondamentale delle analisi fenomenologiche husserliane. D’altra parte, la costituzione del vissuto spaziale è inscindibile da quella relativa al vissuto temporale. Husserl, infatti, a proposito dello spazio come «intero» dirà che esso non è un’intuizione, bensì un’unità logica che si realizza in virtù di ciò che è dato intuitivamente. Ecco perché c’è bisogno di indagare l’area del vissuto originario dello spazio costituente quello relativo alle oggettualità cosali. Innanzitutto, nella costituzione della spazialità, Husserl metteva in rilievo il ruolo svolto in tal senso dalle cinestesi, ovvero dal corpo proprio come «sensazioni di movimento» che decorrono durante la percezione. Per Husserl, il sistema cinestetico è vissuto dalla coscienza come un sistema soggettivamente libero. A tale proposito, nello studio delle Sintesi passive, il fenomenologo tedesco dirà precisamente che: “Io lo colgo nella coscienza dell’«io posso»”. In qualche modo, però, se ci si muove secondo una certa linea cinestetica, cioè secondo una data direzione, sono predeterminate anche le manifestazioni successive, concordanti sinteticamente nella medesima unità di senso. Husserl dirà che la cosa, ad esempio un albero, un paesaggio, è un’unità spaziale, un oggetto ideale che può manifestare la pienezza dei contenuti in essa intesi solo attraverso decorsi intuitivi. Husserl riteneva che il primo livello costitutivo dell’oggetto fosse dato dalla bidimensionalità derivante da uno spazio visivo costituito innanzitutto dal sistema oculomotorio, ossia lo spazio dato dal movimento degli occhi, ma vi farebbero parte anche il movimento del capo, ovvero il sistema cefalomotorio completo che condurrebbe appunto alla costituzione dello spazio visivo bidimensionale piano. La costituzione spaziale della terza dimensione - la profondità – abbisogna della rotazione completa su di sé che conduce alla «chiusura» della figura corporea che permette un ritorno ciclico all’immagine di partenza, attraverso il coprimento e il disvelamento di nuovi lati che portano a manifestazione il corpo chiuso identico. È così che, secondo le analisi fenomenologiche husserliane, si costituisce la spazialità obiettiva.

 



Glossario