20.

Osservare sempre, ripetutamente e minuziosamente, tutto ciò che ci circonda, quando si lavora fenomenologicamente sul campo. Ma nulla deve essere lasciato al caso. L'osservazione, lo si voglia o no, è sempre guidata da una ipotesi di lavoro1, va programmata con cura e va tenuta attiva e vigile con intenzione ostinata, dedicandole, preferibilmente, tempi a parte, perché è questo il solo modo di "intervistare e di far parlare" le cose e gli eventi astanti. Se si attende, inerti, che la stravaganza si riveli e colpisca la nostra attenzione, stimolando finalmente l'osservatore a concentrarsi su fatti o su accadimenti desueti - secondo gli standard consumistici della fruizione passiva propria del viaggiatore in paesi esotici - le voci del mondo circostante (Umwelt) rischiano di ammutolirsi del tutto. Anche in sede di ricognizione sul campo, l'educazione fenomenologica, in questo caso molto particolare, dello sguardo, si rivela indispensabile. Le cose e gli eventi e, in casi di elevata antropizzazione ambientale, addirittura interi habitat, con l'attivazione della sospensione di ogni postura coscienziale analitica, che proietti oggetti di fronte ad un soggetto, si sono mutati, sotto gli occhi del fenomenologo, in vissuti intenzionali costituenti ogni entità naturale e culturale.

 

14.

 


 

1. Il termine "ipotesi di lavoro", impiegato in un contesto fenomenologico, allude alle strutture di senso fondamentali dei vissuti che le analisi transculturali pregresse sono riuscite a disseppellire, mediante il contrasto reciproco di essi con vissuti aventi strutture similari del tutto altre. Tali strutture (spaziali, temporali, logiche, contenutistiche, etc.) vengono, quindi, impiegate come guide o come modelli senza "rigidezza trascendentale" alcuna, anzi, con una plasticità metodologica talmente duttile da subire, persino, tutte le revisioni strutturali che l'analisi di campo possa suggerire ed, addirittura, imporre contestualmente, durante l'usuale ricognizione fenomenologica del senso dei vissuti costitutivi dei vari sistemi culturali, esistenti o estinti che siano. Occorre, però, precisare che le strutture di senso, rinvenibili in campo fenomenologico, a differenza di quelle impiegate, di norma, nelle analitiche non fenomenologiche, non sono forme vuote, ma iletizzate. Sono, cioè, "piene di hyle". Pertanto, sebbene fungano operativamente come modelli in tutto e per tutto, non devono essere, in alcun modo, assimilate a "forme" per materiali qualsivoglia, come lo sono le strutture logiche e matematiche nei confronti dei contenuti astratti o empirici, presenti nelle analitiche oggettive. Pertanto, esse possono essere impiegate, come modelli iletizzati di riferimento, solo giustapponendole, di volta in volta, alle strutture di senso iletizzate dei vissuti da analizzare.

 

 


Forum