1.

Un fenomenologo, interessato ad analizzare i segni di culture occidentali, esotiche o, più ampiamente, tradizionali, si può avvalere senz'altro di tutte le informazioni attinte da rilevamenti qualsivoglia, effettuati o no sul campo da parte di altri ricercatori specialisti non fenomenologi. È ovvio che tali dati, poi, devono essere fenomenologicamente ridotti mediante una preliminare epochè che sospenda, almeno finchè duri l'analisi, quella contestuale attività tetica, propria della coscienza, cioè posizionale di esistenza e di senso, onde evitare che il fenomenologo possa assumere come assolute ed esclusive credenze nella "naturalità" e nella "ovvietà" di contenuti e di sensi da lui stesso posti. Cogliere di questi, come di altri vissuti, le strutture intenzionali e non intenzionali di senso, costitutive di ogni datità (noemi), assunte dal fenomenologo senza manipolarle, cioè "così come esse si danno" (Selbstgegebenheiten), è questo, in definitiva, l'obbiettivo primario di ogni analisi fenomenologica noetico-noematica, con o senza interessi antropologici.

 

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